A cura di:

Dott. Francesco Iarrera - Responsabile UOL AIDAP Oliveri, Referente Regionale AIDAP SICILIA


I disturbi alimentari sono patologie la cui incidenza e prevalenza è in costante crescita in Italia. Ciononostante, pazienti e familiari faticano a trovare trattamenti di terapia realmente efficaci, basati sull’evidenza scientifica. Questo accresce i rischi per la salute e il peso economico per chi deve contrastare questi problemi.

I disturbi alimentari sono patologie complesse, sostenute da numerosi meccanismi, di natura biologica, cognitiva e comportamentale, per il cui trattamento è necessario un approccio che includa specifiche competenze psicologiche, nutrizionali e mediche, basate su una solida e aggiornata formazione.

Non è possibile trattare un disturbo alimentare, affrontando esclusivamente l’aspetto psicologico.
Non è possibile trattare un disturbo alimentare, affrontando esclusivamente l’aspetto nutrizionale.

Eppure, la selettività dell’intervento è il primo frequente problema della pratica clinica: la maggior parte dei pazienti riceve come primo trattamento una dieta o una terapia psicologica non specifica.

La difficoltà a sviluppare la consapevolezza di avere un disturbo alimentare, induce molti pazienti, con preoccupazioni sul cibo e ossessionati dall’idea di dover seguire un comportamento alimentare “corretto”, a rivolgersi a figure dell’area nutrizionale, ricevendo, spesso, una dieta che aggrava il problema. Tentare di risolvere un disturbo alimentare ricorrendo ad una prescrizione alimentare equivale al tentativo di spegnere un incendio usando della benzina.

Altri pazienti, che sperimentano ansia sociale, crisi di pianto, umore depresso, ricevono un trattamento esclusivamente psicologico, che non considera adeguatamente il tema dell’alimentazione. Si tratta di un approccio che impedisce di trattare il disturbo pienamente, affrontando i molteplici aspetti che lo compongono, un po’ come osservare un quadro coprendone una metà.

Un trattamento specialistico, realmente efficace, deve affrontare gli aspetti cognitivi e quelli alimentari, in contemporanea, considerandoli come due binari di una rotaia, ugualmente necessari a permettere che il treno faccia strada.

Un secondo limite è rappresentato dagli approcci di tipo eclettico.

Questo problema lo si ritrova quando agiscono equipe multidisciplinari, che non seguono una teoria di riferimento condivisa. In questi casi, il paziente rischia di affrontare i propri episodi bulimici con la dietista che propone un approccio flessibile al cibo e la psicologa che colleghi le perdite del controllo alla propria fame d’amore. Viceversa può accadere che la psicologa faccia osservare l’importanza delle reazioni del cibo sulla propria vita e la nutrizionista che proponga di prediligere una dieta proteica allo scopo di migliorare il controllo del peso.

È necessario che le equipe operanti sui disturbi alimentari si evolvano dalla multidisciplinarietà alla interdisciplinarietà, in cui ogni specialista renda disponibili le proprie competenze all’interno di un protocollo terapeutico chiaro, strutturato e condiviso, che faccia riferimento alla medesima teoria.

Di fianco a questi problemi concettuali ritroviamo i più gravi problemi strutturali.

Non è raro incontrare pazienti con disturbi dell’alimentazione di lunga durata, da cui emergano numerosi tentativi di guarigione, nessuno dei quali basato sull’evidenza scientifica. Non si può imparare il gioco del tennis usando una racchetta ping pong e senza conoscerne le regole.

Molte ragazze raccontano di terapie focalizzate a curare un mancato attaccamento, i vuoti dell’anima, una inadeguata relazione con la madre, disturbi metabolici e simili stravaganze cliniche, con il solo effetto di aggravare il disturbo, lasciando attivi i meccanismi realmente operanti a mantenere la malattia.

In questo caso a mancare sono le fondamenta, rappresentate dalla alterata conoscenza delle dinamiche che alimentano i disturbi alimentari, mantenendoli vivi ed operanti a invalidare la vita di chi ne è affetto. Le conseguenze di simili approcci comprendono rischi non accettabili, poiché in grado di compromettere la vita di chi si ammala di disturbi alimentari.

È necessario che chi intenda approcciarsi a queste patologie lo faccia dopo una adeguata formazione che ne strutturi specifiche e aggiornate conoscenze teoriche e distinte competenze cliniche, orientate alla completa e definitiva guarigione da queste malattie. Allo stesso modo i pazienti e familiari hanno diritto e il dovere di richiedere agli specialisti presso cui richiedono aiuto precise rassicurazioni sulla loro esperienza e sulla formazione che hanno ricevuto.

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