A cura di:

Dott. Francesco Iarrera - Responsabile regionale UOL - AIDAP


Premessa
È noto che il sovrappeso sia la condizione patologica più diffusa tra le popolazioni occidentali, tanto da essere considerata, a giusta ragione, una vera “epidemia globale”. Stime epidemiologiche derivate dall’indagine Multiscopo, dell’Istat, del 2009, rilevano che, in Italia, nel periodo 2001-2009, si sia osservata una aumentata incidenza relativa sia alle persone in sovrappeso, passando dal 33,9% nel 2001 al 36,1% nel 2009, sia quella relativa all’obesità franca, passata dall’8,5% nel 2001 al 10,3% nel 2009. Secondo i dati raccolti nel 2010 dal sistema di sorveglianza Passi, il 32% degli adulti risulta in sovrappeso, mentre l’11% è obeso: complessivamente, quindi, quasi la metà (43%) sono in eccesso ponderale.

A cura di:

Dott. Francesco Iarrera - Responsabile regionale UOL - AIDAP


Premessa
È noto che il sovrappeso sia la condizione patologica più diffusa tra le popolazioni occidentali, tanto da essere considerata, a giusta ragione, una vera “epidemia globale”. Stime epidemiologiche derivate dall’indagine Multiscopo, dell’Istat, del 2009, rilevano che, in Italia, nel periodo 2001-2009, si sia osservata una aumentata incidenza relativa sia alle persone in sovrappeso, passando dal 33,9% nel 2001 al 36,1% nel 2009, sia quella relativa all’obesità franca, passata dall’8,5% nel 2001 al 10,3% nel 2009. Secondo i dati raccolti nel 2010 dal sistema di sorveglianza Passi, il 32% degli adulti risulta in sovrappeso, mentre l’11% è obeso: complessivamente, quindi, quasi la metà (43%) sono in eccesso ponderale.
Nonostante si tratti di un vero e proprio problema mondiale, la realtà dimostra che non esistono ancora metodi realmente efficaci e definitivi in grado di invertire tale trend.
Tuttavia, vi è ampio consenso nella comunità scientifica nel definire la terapia cognitivo-comportamentale come terapia d’elezione per questa condizione: modificare gli schemi di pensiero disfunzionali e apprendere tecniche comportamentali, finalizzati ad una gestione efficace dei comportamenti implicati nei processi di regolazione del peso, non vincolati dalla genetica.
Negli ultimi anni, clinici e ricercatori hanno attribuito una crescente importanza all’aspetto cognitivo nella regolazione di questi processi e, a tal proposito, in accordo con questa tendenza, il presente lavoro è finalizzato a valutare la tipologia di pensiero, potenzialmente disfunzionale alla perdita e al mantenimento di peso, più frequentemente riscontrata nei pazienti che iniziano un percorso per la perdita di peso.

Materiali e metodi
Abbiamo predisposto e somministrato, a pazienti afferenti al nostro centro, che avevano richiesto di iniziare un percorso di perdita di peso, il questionario “Pensieri ingrassanti”, composto da 34 domande, in cui si chiede di contrassegnare, tra le varie affermazioni, quelle che si manifestano con maggiore intensità, nella propria esperienza. Inoltre, ad ognuno dei partecipanti è stato somministrato il questionario EDE-Q, e sono stati esclusi dalla ricerca tutti i pazienti con diagnosi di disturbo dell’alimentazione.
Il campione considerato, adeguato ai criteri di ricerca proposti, era composto da 84 soggetti, per il 98% donne e per il 2% uomini, con una età media di 31 anni e BMI medio di 32,3.

RISULTATI
Dall’analisi dei dati emerge, in modo significativo, che la categoria di pensieri prevalenti è riconducibile alla modalità “tutto-nulla”: il 78,6 % dei partecipanti afferma di pensare che “La dieta o si fa bene o non si fa per niente”; il 61,9 % “Devo assolutamente seguire la dieta in modo rigoroso”. Non abbiamo osservato differenze significative legate alle variabili età e sesso tra i soggetti “tutto-nulla” e i “non tutto-nulla”.

Commento
Il pensiero tutto-nulla è uno schema di ragionamento che i pazienti tendono ad applicare in ogni ambito della terapia, non solo quello alimentare, ma anche a quello relativo all’attività fisica e persino a quello tecnico concernente i compiti (il diario alimentare) assegnati in ambito terapeutico.
Si tratta di uno schema cognitivo di base in grado di gestire sia pensieri sia comportamenti, orientandoli verso oscillazioni nette tra due polarità opposte, escludendo, di fatto, ogni possibile via di mezzo. Tutto ciò si traduce facilmente in comportamenti di completa adesione vs. totale distacco, assai simili a quelli, ancor più estremi e rigidi, implicati nei processi che determinano gli episodi bulimici.
È verosimile pensare che tale modalità di pensiero, negli anni, sia stata agevolata da trattamenti di tipo medico-prescrittivo (diete), in cui si sostiene e si promuove, nei pazienti, un processo di guarigione dal sovrappeso legato alla necessita di seguire pedissequamente quanto prescritto. Praticamente, si pone la persona dinnanzi ad una condizione impossibile da rispettare, definita dalla natura stessa dell’uomo, in cui l’errore non è una eccezione ma una regola. In tal modo, anche la minima infrazione alla dieta da origine ad una lunga serie di emozioni negative, che vanno dal senso di colpa e di incapacità, fino a modificare anche un costrutto assai più profondo come quello dell’autostima.
È naturale che tutto ciò possa segnare l’interruzione e il conseguente abbandono del programma terapeutico.
La non perfetta adesione alla regola viene vissuta come una compromissione totale degli sforzi e dei risultati fino a quel momento raggiunti e come il segno tangibile dell’incapacità di proseguire sulla strada tracciata, e perciò ci si lascia andare ai comportamenti alimentari storici, responsabili del proprio sovrappeso, con le relative conseguenze negative sotto il profilo della salute.
Risulta a nostro avviso necessario promuovere ancor più una modalità di pensiero, relativa all’alimentazione, di tipo flessibile ed equilibrato, ove la regola rigida sia rappresentata dall’assenza di regole rigide, puntando su linea guida flessibili ed elastiche, e dove la tanto temuta “trasgressione” sia considerata parte integrante del percorso, un distacco momentaneo dal piano alimentare da gestire a livello pratico e mentale attraverso l’apprendimento di specifiche tecniche comportamentali e cognitive. Riteniamo necessario, pensare, sviluppare e implementare, tecniche e strategie (metafore, role play, esercizi) da affiancare a quelle note, come la ristrutturazione cognitiva, che possano essere ancor più adatti e specifici ai bisogni dei pazienti con eccesso di peso.

Infine, riteniamo auspicabile, da un lato, rinforzare questo tipo di ricerche, aumentando il campione osservato, dall’altro, promuovere degli studi che possano rivelare l’eventuale presenza e la valenza di meccanismi cognitivi di tipo “tutto-nulla”, fra i meccanismi di recupero del peso, magari puntando ad incrociare i dati ottenuti, in maniera da poter stabilire se vi è una correlazione fra recupero del peso e questo tipo di pensiero.